mercoledì 18 aprile 2007

LA BAMBINA CHE GIOCAVA CON LA FIAMMA

Più che un racconto nel vero senso della parola, il racconto di un personaggio. Queste righe si inseriscono nell'ambito di un progetto più ampio: una storia fantasy di cui è protagonista Shailin, che qui vediamo bambina.
Una bellissima bambina dai capelli d'oro e gli occhi di rubino, che ha il dono di manipolare il fuoco.
Sono molto affezionata a questo personaggio.
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«Ti sei mai sentita sola? Eh, Belle? Così sola, come se ti avessero rinchiusa in una stanza e tu urli e chiami, e piangi… ma nessuno fuori ti sente, perché hanno chiuso anche le porte. E non ci sono finestre. E le pareti della stanza sono di pietra così solida che nessun rumore può passarci attraverso…»
Una piccola luce si accese, una fiammella scaturita da chissà dove nell’oscurità.
Shailin accostò la danzante fiamma a una candela quasi consumata che si trovava sul comodino accanto al suo letto e lo stoppino prese subito fuoco, illuminando quell’angolo della stanza di una luce soffusa e dorata. Tornò quindi a letto, passi leggeri che sfioravano il terreno i suoi, passi da bambina. Con un saltello vi si sistemò sopra, incrociando le gambe e portandole unite al petto per poi circondarle con entrambe le braccia mentre proseguiva nel proprio discorso,intenta:
«Sai Belle, ci sono volte in cui mi sembra di stare in mezzo a tante persone, ma forse parlo una lingua diversa da loro. Perché io parlo e nessuno mi capisce. Non lo so come mai.» Shailin si soffermò un momento, forse per riflettere su ciò che, evidentemente, le capitava spesso. Il visetto assunse una strana, solenne espressione, eppure i suoi occhi color rubino erano profondamente tristi. «Perché non vogliono giocare con me? Sono brutta, Belle? Lo so che è per questo! Hanno paura di me perché sono brutta, gli altri bambini. E io sono sempre sola.»
Per un momento la sua voce parve incrinarsi, e tacque, mentre le labbra cominciarono a tremare come se fosse sull’orlo delle lacrime. Eppure Shailin non pianse questa volta. Dopo tutto, si disse, era una bambina forte, e se gli altri stupidi bambini non volevano giocare con lei a lei non importava. No, non le importava davvero! E poi lei aveva sempre Belle al suo fianco.
La bambina continuò a lottare contro le lacrime ancora per qualche momento in silenzio poi, riacquistato il controllo della propria voce disse con una disarmante semplicità:
«Perché tu mi vuoi bene, Belle, io ne sono sicura. È vero?»
Ma i suoi occhi lucidi non videro risposta alle proprie domande, nemmeno questa volta. Belle, la sua bambola preferita, giaceva sul letto accanto a lei con lo sguardo vacuo rivolto verso il soffitto.
Shailin non sapeva quanti anni prima le avevano regalato quella bambola, forse non le interessava neppure; la cosa importante per lei era che Belle la ascoltava sempre, e questo significava sicuramente che le voleva bene. La bambina si prendeva cura di lei come se fosse la cosa più importante che avesse, e non permetteva a nessun altro oltre a lei di toccarla; passava ore ed ore a parlare con Belle. Monologhi lunghissimi, quasi infiniti, ma per lei questo non aveva importanza, tanto non aveva nessun altro con cui parlare. Nemmeno i suoi genitori sembravano ascoltarla mai.
Quella notte senza rendersene conto, Shailin stava confidando a Belle tutta la sua tristezza. Belle era una delle poche che l’avesse mai vista piangere perché, per quanto fosse una bambina dal carattere piuttosto fragile, aveva una particolarissima forza di volontà, insolita per una ragazzina di cinque anni, e aveva deciso che nessuno avrebbe dovuto sapere che era triste. Tranne Belle, naturalmente.
Shailin sciolse la stretta delle braccia attorno alle gambe e si protese in avanti per prendere Belle, quindi si buttò all’indietro per distendersi sul letto, senza preoccuparsi di ricoprirsi con le lenzuola di seta. Tenendo stretta in un abbraccio la sua bambola, voltò la testa sul cuscino in modo da poter osservare la fiammella della candela che sobbalzava ad ogni suo respiro e per qualche istante si perse nella contemplazione di quella strana danza.
Poi un rumore proveniente dal corridoio la riscosse e, sobbalzando, si sollevò mettendosi seduta. I vivaci occhi color rubino scrutarono con attenzione la porta della camera e la bambina tese l’orecchio per cogliere qualsiasi ulteriore suono proveniente dall’esterno.
Ecco un altro rumore. Era un suono di passi lontani, passi che si stavano avvicinando.
La bambina sussultò di nuovo poi guardò Belle, come se volesse chiederle se anche lei aveva udito qualcosa. Ma non disse niente. Soltanto quando ormai i passi erano vicini si rivolse alla bambola con aria di cospirazione:
«Arriva qualcuno, meglio spegnere qui!»
Dopo aver pronunciato queste poche sommesse parole si protese verso il comodino, fece scorrere la piccola mano a pochi centimetri dalla fiamma e, inspiegabilmente, la stanza fu nuovamente immersa nel buio.

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