giovedì 19 aprile 2007

LA CHIAVE DEI MONDI

Scritto per il concorso "La fiaba di Selvino" alla fine del 2006.
_______________________________


La faccia rosea e tonda del ragazzino della terza classe era appesa dappertutto. Non c’era un solo modo di sfuggire a quella fotografia con cui qualcuno aveva tappezzato tutti i muri della città di Ikon. «Occhialetti rotondi, camiciola a quadretti: è decisamente il ritratto del peggior incubo di un ragazzo» si disse Alex con orrore, passando accanto all’ennesima foto – questa era attaccata a un lampione – mentre andava a scuola. Sotto quella faccia si leggeva una grande scritta rossa: RICOMPENSA PER CHI AIUTERA’ A RITROVARE TOMMY. Alex non poteva fare a meno di pensare che sarebbe stata più adatta per un gatto smarrito piuttosto che per un ragazzo scomparso. Gli faceva un po’ pena quel bambino di terza elementare: certo, magari Tommy era un impiastro e un so-tutto-io, ma Alex non avrebbe augurato a nessuno una fotografia del genere. Per fortuna lui non aveva problemi di questo tipo: nelle foto veniva sempre bene, con i suoi capelli biondi e gli occhi azzurri; non aveva mai preso più di buono in matematica ed era un campione a calcio. Per di più era in quinta elementare. Era uno forte, insomma.
Quella mattina spedirono tutti gli studenti nell’aula che funzionava da teatro: riunione. Alex si accasciò su una sedia libera, nascondendosi dietro le teste di quelli che gli stavano davanti. Mentre la Direttrice parlava, lui e altri tre amici incominciarono ad organizzare un complicatissimo girone per il torneo di calcetto di quel pomeriggio.
«E così, da quest’oggi, nessuno potrà circolare per le strade di Ikon, dopo la scuola.» disse la Direttrice.
Alex si fermò con la bocca spalancata proprio nel bel mezzo della frase «allora ci vediamo al campo alle quattr…».
Duecento paia di occhi si fissarono sulla figura spigolosa della Direttrice con uno sguardo da non-puoi-aver-detto-quello-che-hai-appena-detto. «Finché Tommy non verrà ritrovato sano e salvo nessuno sarà al sicuro qui a Ikon. Sono certa che capirete la necessità di rispettare questa regola e che ne sarete entusiasti» proseguì lei. L’unico pensiero che Alex riuscì a formulare, in quel momento, fu che il ghigno malefico sul volto della direttrice le dava un’aria sadica.
Alex non si sentiva così di cattivo umore dal giorno in cui aveva accidentalmente distrutto la sua console per videogiochi, la DreamZ 3, lanciandovi contro il joystick. in un momento di tensione. Quella volta però tutto si era risolto per il meglio: i genitori l’avevano consolato regalandogli la DreamZ 4, un gioiello fresco fresco di fabbrica. Questa volta invece non c’era soluzione. L’umore gli era sceso sotto la suola delle scarpe. Ogni speranza di vincere il torneo di calcetto era in fumo. Mentre si dirigeva tristemente verso casa, Alex si fermò davanti ad una delle fotografie appese ad una fermata dell’autobus: «È tutta colpa tua, Tommy!» gli gridò, ma lui rimase immobile nella sua foto, con il solito sorriso stampato sul viso rotondo.
L’unico modo per non pensare al suo dramma era la DreamZ 4: Alex si piazzò sul divano e fece partire Argentine, il videogioco che preferiva. Si immerse nel mondo fantastico di cavalieri dalle armature lucenti e di mostri orribili. Aveva quasi finito l’ultimo livello, doveva solo sconfiggere il Padrone del Buio. Il momento era delicato: per fortuna si stava preparando a quel confronto da mesi (e aveva anche dato una sbirciatina ad un manuale di trucchi che suggeriva qualche via d’uscita per i casi disperati!). Alex giocava da un paio d’ore quando incominciò a rendersi conto che qualcosa non andava. Non riusciva a sferrare i colpi che desiderava e che di solito gli riuscivano a meraviglia. Per di più era spuntata fuori dal nulla una nuova missione da superare per finire il videogioco: doveva scontrarsi con un tizio di nome Hannibal. Ma sul libretto di istruzioni di Argentine questo Hannibal non c’era da nessuna parte! E dov’era finito il Padrone del Buio? Incominciò ad innervosirsi: prese a schiacciare delle sequenze di tasti a caso sul joystick, cercando di capire che cosa non andava. «Qui sono io il più forte!» sfidò la console ribelle. All’improvviso, un lampo di luce azzurrognola si sprigionò dalla tv. Alex tentò di vederci qualcosa in mezzo a tutto quell’azzurro, ma si accorse di essere molto, molto stanco. Aveva così tanto sonno che la testa gli ciondolava sul petto. Ho giocato troppo oggi, fu il suo ultimo pensiero, prima di scivolare a terra.
«Io ti conosco!» disse una voce che rimbombò nell’orecchio di Alex come un tuono. O forse era solo colpa della batteria di tamburi che gli martellava nella testa. Aprì un occhio. Che cosa si trovò a dieci centimetri dal naso, se non la faccia occhialuta, rosea e rotonda di… Tommy?? Alex fece un balzo indietro. Quando in seguito ripensò a quel momento non riuscì mai a spiegarsi come ci era riuscito, dato che era ancora sdraiato. Squadrò Tommy con furia: «Si può sapere dove diavolo ti eri cacciato??» Se si fosse guardato attorno, Alex si sarebbe accorto di trovarsi al riparo, sotto un cespuglio dagli strani fiori fosforescenti. Per dirla tutta, anche i colori del paesaggio erano strani. Sembravano dipinti con i pastelli! Però non si guardò attorno. Notò invece i vestiti ridicoli di Tommy, che pareva un giullare con una piccola arpa in mano. Alex aprì la bocca per commentare che quegli abiti erano praticamente perfetti per uno con una foto come la sua, ma Tommy si affrettò a cacciargli la mano sulla bocca. Ciò che ne venne fuori fu, più che altro, un gorgoglio simile a quello di un pesce in una boccia. «Shhhh!» gli ordinò Tommy con aria autoritaria, ma con gli occhi da cerbiatto smarrito. Alex lo osservò stralunato poi finalmente guardò il paesaggio. Che razza di posto era quello?? Eppure gli sembrava familiare. Ma no, non poteva certo essere…
«Benvenuto ad Argentine» dichiarò Tommy con aria depressa. Tommy non sapeva come si faceva ad entrare in quel mondo, anche lui ci era entrato per caso mentre giocava con la sua DreamZ, ma aveva scoperto che l’unico modo per tornare a casa era finire il videogioco. Argentine era un luogo pericoloso e, cosa ancora peggiore, un certo Hannibal stava manipolando le regole del mondo. Nessuno sapeva chi fosse realmente: aveva sconfitto il Padrone del Buio e ora viveva nelle ombre del Pozzo Profondo. Alex faceva fatica a seguire le spiegazioni di Tommy, che parlava così in fretta da sembrare un fiume in piena, o qualcuno che non parlava con anima viva da settimane. Il più piccolo cercò di far capire ad Alex che ora facevano parte del videogioco e che, se volevano uscirne interi, dovevano giocare. «Io sono un bardo» gli disse, mostrandogli la piccola arpa. «Tu che cosa sarai?». Di lì a poco Alex
indossava una lucidissima armatura da cavaliere, e andava in giro roteando una spada. Non capì quanto fosse reale la situazione fino a quando la lama gli sfuggì di mano procurandogli un gran bel taglio sul palmo.
«Si può morire qui?» domandò Alex, profondamente scosso. Tommy non gli rispose: non ci voleva nemmeno pensare, ma sapeva che era così. Alex incominciò a considerare l’avventura da una prospettiva diversa: il gioco gli piaceva, anzi, lo adorava. Però rimanere lì per sempre non era in cima alla sua lista di priorità. Tanto meno morire. C’era un torneo di calcetto che lo aspettava fuori da Argentine, se fosse riuscito a riportare indietro quel guastafeste di Tommy. Decise che uscire da quel mondo era la cosa migliore da fare. I due incominciarono a camminare lungo i sentieri pastello di Argentine, incontrando di tanto in tanto qualcuno da cui Tommy otteneva delle informazioni. Era molto bravo in quello. Alex invece scoprì che combattere non era affatto una passeggiata. La spada era troppo pesante, e gli avversari erano spietati. Affrontarono branchi di pipistrelli mannari e volpi tigrate, le più malefiche creature di Argentine. Capirono che erano quasi al termine del viaggio: si sa, i mostri peggiori sono sempre alla fine. Raggiunsero il Pozzo Profondo: era quella l’unica via di uscita, ma era anche la dimora di Hannibal. Il timore di lasciarci la pelle quasi non li lasciava camminare. In un attimo Alex e Tommy furono circondati dalle ombre, e seppero che lui stava arrivando. Nessuno dei due aveva idea di come sconfiggerlo ma, soprattutto, nessuno dei due aveva nemmeno un’idea. La loro mente era immersa in una fitta nebbia. Il coraggio e l’intraprendenza di Tommy si sciolsero come neve al sole; si rannicchiò in un angolo e cercò di sembrare invisibile. Nelle ombre, i passi di Hannibal erano sempre più vicini; Alex e Tommy potevano sentire la sua risata maligna.
«Come posso sconfiggere un nemico che non riesco a vedere?» si domandò Alex, freneticamente. Nel fondo della sua memoria si accese una minuscola lampadina di speranza. Ma sì! Il manuale dei trucchi! «Anche se ti trovi con le spalle al muro, non perdere la speranza!» esclamò Alex. Il rumore di una lama che veniva sfoderata non favoriva certo la concentrazione, ma Alex fu un fulmine ad eseguire la sequenza dei gesti indicata nel manuale. Hannibal lanciò un terribile ruggito. Si era reso conto che qualcuno aveva aperto una porta spazio-dimensionale per sfuggirgli.
«Poco corretto… ma tu non dirlo a nessuno!» gridò Alex a Tommy, mentre correvano a perdifiato verso l’immenso portone che costituiva la fine del livello e la via della salvezza. A Tommy, in verità, non era nemmeno passato per la mente. Un bagliore di luce azzurrata, poi si accorsero di avere sonno, molto sonno.
Di comune accordo, Alex e Tommy decisero di non rivelare nulla della loro avventura. Decisero anche che si sarebbero incontrati ogni giorno per tentare di sconfiggere una volta per tutte Hannibal, stavolta con mezzi legali.
«Niente! È impossibile!» sbuffò Alex, mentre Tommy si grattava la testa, perplesso. Alex incominciò a premere dei tasti a caso, provando combinazioni nuove. All’improvviso una luce azzurra invase lo schermo della tv e una scritta incominciò a lampeggiare: CHIAVE DEI MONDI: ATTIVATA. DESIDERI ENTRARE IN ARGENTINE?
I due rimasero di sasso, e si guardarono senza riuscire a dirsi nemmeno una parola.

Nessun commento: